Ogni volta che si sente parlare di ‘amori impossibili’ a tavola, come non pensare al pairing carciofo e vino? Forse, come nella vita, si può trovare un compromesso e una via d’incontro. Il Carciofo Violetto di San Luca è una varietà, in passato apprezzata in tutta la Regione, che trova il suo posto nel mondo sulle dolci colline a sud di Bologna. I terreni argillosi di quella parte di colline conferiscono al nostro carciofo violetto un sapore fresco con note riconducibili alla radice di liquirizia. Un ecotipo varietale riprodotto per via agamica che pare sia collegato alla varietà del Violetto di Toscana. La parte pregiata sono i capolini che vengono raccolti tra metà maggio e metà giugno. Il capolino non ha spine, ha un colore viola intenso con lievi venature verdi, mentre le dimensioni vanno indicativamente dai 10 cm del cimarolo, ai 5 cm dei più piccoli. Ha una forma leggermente allungata con cuore di colore giallo che tende al violetto sulle punte quando è più maturo.
"Il Carciofo Violetto di San Luca viene raccolto entro le prime ore di luce del mattino"
È croccante e profumato, in piena maturazione ha l’aspetto di un bocciolo di rosa, ma il momento migliore per la sua raccolta è quando il capolino è compatto e chiuso all’apice. Per mantenere le caratteristiche di morbidezza e dolcezza, il Carciofo Violetto di San Luca viene raccolto entro le prime ore di luce del mattino. Questo perché, dopo il fresco della notte, ha in sè il massimo dell’idratazione.
Delle carciofaie che occupavano i versanti delle colline bolognesi, oggi non rimane molto. Il carciofo di San Luca deve la sua sopravvivenza allo straordinario lavoro di piccoli produttori della rete Slow Food, attraverso la nascita di un Presidio che tutela e valorizza questa particolare tipologia di carciofo, restituendolo alla comunità locale. Il progetto di recupero del carciofo di San Luca è partito dalla volontà di un gruppo di giovani agricoltori, reso possibile anche attraverso il supporto degli agricoltori anziani del luogo, i quali hanno tramandato i saperi legati alla sua coltivazione.
All’interno Parco dei Gessi bolognesi e calanchi dell Abbadessa, riconosciuto Patrimonio dell’Unesco nel 2023, sono andata a conoscere di persona i ragazzi del Podere Castel de’ Britti: Andrea, Cristian e Alessandro, i quali mi hanno permesso di vedere da vicino queste affascinanti piante di carciofo e di approfondire sul campo gli aspetti agricoli e storici.
Come l’ho valorizzato in cucina? Anche se spesso viene suggerito di mangiarlo crudo, o di lessarlo e poi condirlo con olio, al fine di apprezzare la particolarissima dolcezza, io ho preferito ‘trasformarlo’ in una salutare e vegetariana lasagnetta. E poi non avevo la pretesa di un ‘amore’ avvolgente con il vino, ma ci siamo andati molto vicino.
"Il nome Pignoletto richiama la forma di una piccola pigna"
Il legame con il territorio è sempre prioritario e non potevo che pensare a un abbinamento con quello che è il vitigno ‘principe’ dei colli Bolognesi: il Pignoletto, un vitigno autoctono emiliano a bacca bianca, considerato estremamente simbolico a livello locale. L’origine del termine ‘Pignoletto’ pare sia da ricercarsi nella forma caratteristica del grappolo, che essendo conico, cilindrico e corto con acini ellittici molto compatti tra loro, richiama la forma di una piccola pigna. La maturazione dei grappoli è generalmente media, tendenzialmente tardiva.
I vini prodotti da uve Pignoletto si riconoscono per il colore giallo paglierino intenso e i sentori di questo vitigno si esprimono in note fresche e vivaci, piacevolmente floreali e fruttate, in particolare di agrumi. L'anima di questo vino riflette infatti i modi di vita emiliani, prima tra tutte la passione per il buon vivere e il godersi la vita.
Abbinato alla mia lasagnetta, ho quindi pensato immediatamente a un godurioso ‘Monte Freddo’ dell’azienda Corte d’ Aibo, un Pignoletto biologico coltivato a 200 metri di altitudine vicino a Bologna, che si è espresso al meglio, evidenziando le potenzialità del vitigno. In ‘Monte Freddo’ le nette note di fiori bianchi e i delicati sbuffi di agrumi, unitamente a una struttura fresca ed elegante, mi ha permesso di soddisfare la mia curiosità palatale e non solo.
L’apertura e ‘talvolta’ gli azzardi premiano, nei percorsi di vita e in quelli sensoriali.