Toscana | ITALIA

Il Sanforte, un vitigno prezioso e quasi scomparso

Ritenuto per anni un clone del Sangiovese rivela la sua identità non solo in laboratorio ma anche a tavola.

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Il Sanforte, un vitigno prezioso e quasi scomparso

Ritenuto per anni un clone del Sangiovese rivela la sua identità non solo in laboratorio ma anche a tavola.

Siamo a San Miniato. E non parlo della chiesa San Miniato al Monte che guarda Firenze, bensì del borgo medievale San Miniato, un piccolo paradiso enogastronomico a metà strada tra Pisa e Firenze. Nei boschi sanminiatesi si nasconde il tartufo bianco e le tenute della zona custodiscono rari vitigni autoctoni. Una di queste rarissime “gemme”, il Sanforte, non nasce qui ma ci è arrivata nel corso della sua storia.

"Le prime testimonianze sul Sanforte risalgono al 1773"

Torniamo indietro di quasi vent'anni. Nel 2004, l’azienda biodinamica di Cosimo Maria Masini comincia a produrre un vino IGT Toscano Rosso “Cosimo” con uve da vigneti di oltre 70 anni, una tipica vecchia vigna toscana dove il sangiovese accompagna varietà “minori”. La “squadra” in questo caso comprende il canaiolo, il bonamico, la malvasia nera, qualche pianta di barbera insieme al trebbiano toscano e alla malvasia bianca. Ma c’è anche una varietà che in azienda non riescono all'inizio a riconoscere. Per questo motivo chiamano in causa un ampelografo, Enrico Bachechi, uno specialista dei vitigni rari che scopre la presenza in quella vigna del Sanforte, a quei tempi chiamato Sangiovese forte.

Cosa si intende per Sangiovese forte? È forse uno dei tanti cloni del re toscano Sangiovese? Assolutamente no. Le prime testimonianze sul Sanforte risalgono al 1773 quando Giovanni Cosimo Villifranchi, medico fiorentino e botanico, nomina questa varietà nel libro “Enologia toscana, ossia memoria sopra i vini e in specie toscani”. Quasi un secolo dopo, nel 1852, il marchese Leopoldo Incisa della Rocchetta cita il Sanforte come uno dei vitigni presenti nella sua collezione ampelografica di Rocchetta Tanaro. Fino agli anni 2000 il Sanforte è considerato un clone del Sangiovese con grappolo medio, acini piccoli e grande resistenza. C’è solo un problema. La pianta non assomiglia tanto al Sangiovese, così come non si assomigliano i profili aromatici dei due vitigni.

Il Sangiovese e il Sanforte non sono geneticamente legati. Nel 2007 il rarissimo vitigno si è guadagnato il suo posto nel Catalogo Nazionale delle varietà di vite. A oggi il Sanforte è quasi estinto. Grazie all'impegno e alla passione di alcune aziende in Toscana, Umbria ed Alto Lazio ha tutte l’opportunità di rinascere. 

"Fino agli anni 2000 il Sanforte è considerato un clone del Sangiovese"

Ma ritorniamo a San Miniato, a Cosimo Maria Masini per l'esattezza. “Nel 2008, osservando le piante e l'uva e sperimentando microvinificazioni, sentivamo che il Sanforte fosse un vitigno molto interessante,” – dice Francesco De Filippis, amministratore e l’agronomo dell'azienda. A quei tempi la tenuta aveva solo una trentina di piante di Sanforte. Non abbastanza quindi per comprendere a fondo le potenzialità di questa uva. “Nel 2011 abbiamo fatto sovrainnesti in due parcelle per avere maggiori riscontri in termini di quantità. Spronati dei risultati ottenuti, abbiamo poi deciso di piantare un intero ettaro nel 2018,” – racconta Francesco.

Perché il Sanforte è, come dice il nome stesso, “forte”? I vignaioli credono che sia per vari motivi. Il Sanforte è forte perchè la pianta è rustica, si ammala meno di peronospora o oidio, i grappoli sono più spargoli del Sangiovese e l’acino piccolo è meno soggetto a muffe. In annate estreme si comporta meglio. Nel piovoso 2014 aveva meno marciumi, e nell’arido 2017 aveva meno scottature grazie alla sua buccia spessa. E noi, appassionati e appassionate del vino, come possiamo sentire la forza del Sanforte?

Il Sanforte è forte per la sua capacità di accumulare gli zuccheri e dare più alcol. Oggi è difficile produrre il Sanforte con meno di 14 gradi e al contempo con una buona maturazione fenolica. Oltretutto il Sanforte riesce ad essere avvolgente, meno tagliente del Sangiovese, con un tannino morbido e acidità equilibrata.

La cosa meravigliosa del mondo del vino è che anche dopo averlo studiato per tanti anni, puoi sempre scoprire qualcosa di nuovo e rimanerne improvvisamente sorpreso. Il vino IGT Toscana Rosso Sanforte 2020 di Cosimo Maria Masini è un prodotto incredibilmente sensuale, raffinato ed elegante. È assai difficile paragonarlo con altri vini. Il naso si apre con aromi di prugna, amarena sotto spirito, pepe nero, speziatura dolce, viola appasita e caffe. Il sorso è pieno, morbido e vellutato, con un finale straordinariamente lungo contraddistinto da sentori di cioccolato.

"Il Sanforte è avvolgente, con un tannino morbido e acidità equilibrata"

Questo vino così sfaccettato e profondo rende speciale una giornata qualunque, ancor più se abbinato a un piatto delizioso e scelto ad hoc. La cucina toscana offre numerose specialità locali da provare con un vino del genere; può essere delizioso provarlo anche con le spezie avvolgenti del peposo o con altre carni rosse in umido. Francesco de Filippis ci consiglia i suoi abbinamenti preferiti, con lepre in dolce e forte o con il mallegato sanminiatese, un salame fatto col sangue. La tradizione gastronomica medievale prevede una raccolta del sangue suino che in breve tempo viene filtrato e cotto. A cottura ultimata, a freddo, sarà mescolato con lardelli di maiale, cannella, sale, spezie, pinoli e uva passa. Un prodotto del genere rappresentava un modo semplice per i contadini di aggiungere ferro e proteine ​​al loro pasto. Oggi possiamo assaggiare il mallegato nelle macellerie e ristoranti di San Miniato.

“Il Mallegato Sanminiatese”, un salame fatto col sangue