Piemonte | ITALIA

L’eroico Ramie

Caparbietà e antichi saperi hanno tramandato un vitigno e un vino che rivela tutto il carattere tenace della popolazione che vive nelle valli di confine del Piemonte.

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L’eroico Ramie

Caparbietà e antichi saperi hanno tramandato un vitigno e un vino che rivela tutto il carattere tenace della popolazione che vive nelle valli di confine del Piemonte.

Nelle terre dei valdesi nell’Ovest del Piemonte, il rapporto tra uomo e montagna e i suoi vitigni “eroici” racconta un’altra realtà, fuori dai soliti percorsi, del Piemonte. Diverso dagli altri territori più comunemente conosciuti e simile solo a se stesso. Siamo nel cuore delle Alpi torinesi, le cosiddette valli di confine: Pellice, Chisone, Germanasca. La storia ci porta a definirle “terre dei Valdesi” perché qui si sviluppò la vicenda del valdismo, una confessione nata nel XII secolo, che ebbe origine come movimento pauperistico per la predicazione cristiana e fu subito proibita dalla Chiesa cattolica, che le diede la scomunica dopo il Concilio di Verona del 1184.

"Siamo nel cuore delle Alpi torinesi, le cosiddette valli di confine: Pellice, Chisone, Germanasca"

Tra montagne aspre e difficilmente accessibili, proprio in queste zone i Valdesi trovarono rifugio per resistere nel corso dei secoli alle oppressioni spesso violente di cui erano fatti oggetto. Dopo secoli di solitaria resistenza alla persecuzione cattolica, nel 1532 i Valdesi aderirono in gran parte alla Riforma protestante.

Ne è nata una civiltà differente dal resto della regione, profondamente legata al proprio territorio tanto da potersi immaginare quasi in un legame fisico di “consanguineità” con queste montagne. Persino la lingua è diversa dal piemontese: ël patouà, una parlata derivante dal franco-provenzale.

In questi monti, in particolare quelli della bassa Valle Germanasca, si produce un vino che, come tutto il resto qui, non può che essere diverso per storia, per vitigni, per gusto. Soprattutto colpisce la sua particolarità, a partire dalle vigne Eroiche a Pomaretto da cui si ottiene il Ramìe. Passatemi il termine “eroico” per definire questo tipo di viticoltura. In questo territorio non ci sono veri e propri eroi ma contadini autentici, quelli di montagna tosti, tenaci, duri, inflessibili. Geniali, per le grandi capacità di adattamento al territorio dove l’uomo e la montagna si fondono in un corpo unico nel rispetto dell’ambiente.

"Avanà, Barbera, Avarengo, Chatus o Cerla ‘d crava"

Il vino qui viene prodotto sin dal Medioevo: dai manoscritti risulta che intorno al 1326 la vendemmia veniva regolamentata tramite atto ufficiale, dal quale oggi possiamo apprendere che l’inizio della trasformazione dell’uva in vino poteva avvenire solo dal 6 settembre all’8 di ottobre. Una consuetudine che si tramanda da secoli, nonostante tutte le difficoltà climatiche e le guerre che si sono succedute.

Il significato stesso del nome dato al vino, Ramìe, deriva dalle operazioni agricole che era necessario fare per trovar spazio per la vite. Le ramìe, nella lingua di queste valli, il patouà, sono le fascine di rami tagliati e raccolti in cumuli dai contadini, durante le opere di bonifica necessarie a creare le terrazze. I vitigni utilizzati per questa DOC si sono adattati da secoli alle difficili condizioni pedoclimatiche delle montagne di questa frontiera occidentale: soprattutto Avanà, Barbera, Avarengo, Chatus o Cerla ‘d crava (nella lingua autoctona cacca di capra mentre in Francia è conosciuto più elegantemente come Persan).

Uno dei protagonisti di questi luoghi è Daniele Coutandin, pioniere del Ramìe negli ultimi decenni.

Le vigne del nostro Daniele Coutandin sono situate ad altitudine compresa tra 650 e 800 m s.l.m., con pendenze che variano dal 40% dei vigneti di Perosa Argentina al 90% di alcune zone dei vigneti di Pomaretto, in cui la Provincia di Torino ha successivamente costruito una monorotaia per agevolare la coltivazione di tali vitigni.

"I vigneti sono piccoli fazzoletti di terreno sparsi sulle pendici della montagna"

I vigneti sono piccoli fazzoletti di terreno sparsi sulle pendici della montagna, incastonati tra i boschi; grazie a ciò godono di una notevole biodiversità che favorisce la presenza di molti insetti utili a coltivare viti sane e molto longeve. Le caratteristiche del suolo sono diverse anche se condividono la stessa acidità del terreno: a Pomaretto il suolo è siliceo e molto roccioso ed è tutto a piccoli terrazzamenti, mentre a Perosa Argentina è una lingua morenica dalla spiccata acidità.

Le coltivazioni sono concepite nel massimo rispetto delle piante, del terreno e di tutte le forme di vita; l’inerbimento, con sfalcio periodico, è essenziale per evitare il dilavamento del terreno e porta con sé abbondanti fioriture di viole, tarassaco e serpillo. La maggior parte delle piante sono ad alberello, con 3 o 4 speroni di 2 gemme ciascuno; le sole varietà con bassa o nulla fertilità basale vengono allevate a Guyot.

Tra le caratteristiche organolettiche si evidenziano il colore rosso rubino abbastanza carico, profumi intensi di frutta matura, liquirizia e spezie; risulta avvolgente e persistente al palato.

"il Ramìe ben si sposa a tutti i piatti della cucina locale tipicamente Valdese"

Rispettando gli abbinamenti gastronomici del territorio, il Ramìe ben si sposa a tutti i piatti della cucina locale tipicamente Valdese per esempio le calhiettes (polpette di patate grattugiate insaporite con pancetta e soffritto di verdure, servite con toma di montagna o burro fuso), l’antica mustardela (insaccato dal pedigree medievale prodotto con scarti e sangue di maiale, spalmabile su un pane di barbarià o accompagnato alla polenta) o uno stracotto di montone alle erbe di montagna.

Buon Ramìe a tutti!