Chi di noi non ha mai bevuto un Trentodoc? Forse non tutti sanno che il primo Spumante Metodo Classico trentino risale al 1902, importato e sviluppato da colui che poi fonderà la prima e più famosa cantina della zona. Oggi il mondo Trentodoc racchiude quasi ottanta realtà produttive, alcune facenti parte di gruppi o cooperative e altri piccoli produttori che si ritagliano il loro spazio di qualità. Quello che voglio condividere con voi è l’esperienza della visita a due amici, piccoli produttori che con passione e sacrificio vogliono raccontare un territorio vocato alla produzione di spumanti ma aspro e spesso complicato come le coltivazioni montane.
"Si parte e come prima tappa ci fermiamo da un vecchio amico, Giulio Larcher"
Proprietario della Tenuta Maso Corno , Giulio non è nato viticoltore ma lo è diventato per passione, ci accoglie, affaccendato nei lavori di manutenzione invernale, nella cantina in località Valbona alle porte di Ala. Un saluto affettuoso, veloci e precise indicazioni ai ragazzi e via in fuoristrada si parte per il cuore pulsante dell’azienda: i vigneti.
Meta la tenuta dove, attorno al Maso Corno, un maso secolare sulle pendici dei Monti Lessini, si estendono su terrazze da viticoltura eroica a strapiombo sul torrente Ala che scorre circa 500 metri più sotto. La strada è sterrata e si inerpica sugli stretti tornanti tra fango e neve, ma alla fine lo spettacolo che ci appare è unico: filari divisi sulle varie terrazze per vitigno in base all’esposizione ai venti ed al sole. Il pinot nero a nord ovest nelle terrazze più alte, chardonnay e sauvignon blanc ad est e nord est.
Oggi è freddo, siamo a novembre e anche se è mezzogiorno si battono i piedi sulla neve ma in estate, alla stessa ora il caldo è intenso, i raggi solari riflettono sulla dolomia e sul calcare che affiora tra le viti e se non ci fossero i venti serali che si infilano nella vallata mai si otterrebbero i profumi e le acidità necessarie per questo tipo di prodotto.
Il panorama abbraccia tutta la vallata dell’Adige con sullo sfondo le Piccole Dolomiti, si ridiscende verso la cantina e li ci aspetta la degustazione: speck tagliato a mano e formaggi sono pronti per essere abbinati non solo alle bollicine, ma anche a bianchi strutturati e ad uno splendido Pinot Nero.
La visita alla cantina ci fa intravedere i segreti della produzione: si scende per due livelli nel sottosuolo dove tra temperature controllate e condizioni ambientali perfette tini di acciaio, barrique, tonneaux svolgono il loro lavoro. Alla fine arriva la tanto agognata degustazione, a noi si uniscono alcuni ragazzi arrivati quasi per caso che rendono la compagnia più piacevole permettendo a Giulio di lanciarsi in racconti ed aneddoti sulla storia del Maso e della cantina e sulle sperimentazioni per perfezionare la produzione. Tra le chiacchiere sono i vini a prendere il palcoscenico:
"La vibrante acidità dello chardonnay crea con lo speck un connubio di sapori che appagano il palato"
Cosi come la morbidezza dei bianchi fermi con affettati e formaggi di casera ed il Pinot Nero con quelli più stagionati. Purtroppo il tempo passa velocemente e Giulio ci saluta perchè deve tornare al lavoro.
Ma noi non ci perdiamo d’animo e saliti in auto attraversiamo la valle e risaliamo verso Isera e superata arriviamo a Folaso, dove tra i vigneti troviamo un altro amico, Marco Tonini dell’Azienda Agricola omonima. Marco alle bollicine affianca la produzione di Marzemino, forse ancora più identificativo del territorio del Metodo Classico. La cantina di Marco affonda le sue origini nel tempo, nasce infatti nel 1911, e con i suoi quattro ettari di vigne tra i 200 e gli 800 metri si impegna a rispettare la tradizione pur essendo certificata come biologica.
Ma veniamo a Marco, che ci accoglie con un sorriso contagioso, scusandosi dell’assenza dell’ insostituibile moglie Paola, ed immediatamente apre bottiglie, partendo da suo Le Grilè, chardonnay Metodo Classico che gli ha consentito di conquistare le quattro viti AIS. Marco è una persona semplice ma diretta e dice sempre quello che pensa soprattutto se ritiene che chi lo ascolta possa capire di come sia complicato coltivare e vendemmiare su terrazze ad 800 metri, che gli permettono di produrre quelle che lui definisce le vere bollicine di montagna.
Le vigne sono coltivate in parte con la tradizionale “pergola trentina” e in parte a “guyot”
Su terrazze sostenute da muretti a secco e formano un anfiteatro esposto ad est, in cui le viti vengono accompagnate dal sole per quasi tutta la giornata per poi essere rinfrescate dalle escursioni termiche indispensabili per ottenere gli aromi che poi assaporiamo quando degustiamo, mentre i terreni calcarei regalano tanta mineralità.
Tra una degustazione e l’altra ci racconta del cambio di etichetta, infatti adesso c’è una nuova immagine in cui la T di famiglia indica l’ingresso del figlio Filippo nella gestione dell’azienda.
Dopo essere arrivati ad apprezzare il suo Marzemino nella versione Superiore di Isera che qui ha il suo habitat naturale salutiamo e ripartiamo convinti di aver avuto il piacere di aver conosciuto due piccoli produttori che raccontano e rappresentano con passione una realtà non solo produttiva ma anche storica.