Firenze | ITALIA

Ti mangerei con gli occhi

Quando la fotografia serve a raccontare profumi e gusti e con essi storie, relazioni, avvenimenti, tecniche. Ovunque ci sia una storia da raccontare.

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Ti mangerei con gli occhi

Quando la fotografia serve a raccontare profumi e gusti e con essi storie, relazioni, avvenimenti, tecniche. Ovunque ci sia una storia da raccontare.

Ti mangerei con gli occhi. Un’espressione che almeno una volta nella vita abbiamo pronunciato o chissà forse ci è stata rivolta. Sono appassionata di fotografia e in questi giorni sono inciampata in uno scaffale della mia libreria e in particolare in un libro del grande fotografo Ferdinando Scianna. “Ti mangio con gli occhi” è un lavoro letterario più che fotografico, perché alle foto, bellissime, si alternano storie di vita personale e collettiva.

Il cibo, ci dice Scianna, racconta di noi. Parla delle nostre tradizioni, delle nostre emozioni e dei nostri ricordi.

"Il cibo è elemento essenziale della nostra vita"

Siamo nel Bel Paese e ci piace assaporare pietanze, ci lasciamo tentare dal gusto dei nostri ottimi prodotti. Abbiamo un forte senso dell'accoglienza a tavola, godiamo della bellezza dei nostri piatti e questa bellezza la fotografiamo con gli occhi, ma anche con il cuore. Molto, troppo spesso ora, lo facciamo con i nostri smartphone e il motivo in genere è quello di condividere il cibo immediatamente, in modo compulsivo, bulimico, instagrammabile. Invece il libro di Scianna ci invita a recuperare un tempo lento, quello del racconto e del ricordo.

È come andare in viaggio. Si, il cibo è sempre un’esperienza di conoscenza, se pensiamo a che posto occupa nelle nostre vacanze, o a come il cibo ci porta indietro e avanti nel tempo in un viaggio nella memoria personale, familiare o della società.

Il libro fotografico di Scianna è un invito a celebrare l’importanza del cibo e delle storie che lo legano ad un luogo, alle persone, alle tradizioni. Non si ferma alla ricerca della parte estetica del cibo. A volte l’immagine basta a sé stessa, potente e solenne nel suo messaggio. Ma altre volte corriamo il rischio di essere sedotti dalla forma del cibo, dal suo colore, restando ad un livello effimero, superficiale, senza andare oltre l'apparenza, senza ascoltare cosa raccontano le immagini.

Scianna nel suo lavoro ci propone foto di cibo o dei luoghi dove il cibo si consuma, si vende, ma non lo mostra in modo patinato; il suo approccio è piuttosto autentico, sincero come il racconto di una storia di vita. Il cibo proprio nella sua relazione con i luoghi e con le persone è un concetto molto interessante. Cosa c’è dietro al cibo, quali storie da scoprire. Ebbene c’è il racconto e la passione di chi lo produce, lo trasporta, lo vende. C’è la relazione tra le persone, c’è la cultura, gli usi che cambiano alle diverse latitudini.

"Stavo pensando a come in passato non c'era l'abitudine di fotografare i piatti"

Nessuno di noi aveva uno smartphone con sé a tavola e a nessuno neanche sarebbe venuto in mente di prendere una macchina fotografica e scattare la foto dei piatti. Eppure noi abbiamo negli album di famiglia tante foto legate al cibo. Solo che quegli scatti hanno un sapore diverso, speciale, perché raccontano di noi. Mi vengono in mente tante mie foto di famiglia in cui il cibo è attore non protagonista, non è in primo piano come nei nostri scatti su Instagram, ma forse proprio per questo, ancora più centrale perché impreziosito dalla forza del racconto. Ricordo mio padre sbucciare in terrazza al mare i fichi d'india con forchetta e coltello per non pungersi con un frutto davvero tanto desiderato e raccolto caldo dalle piante nella campagna modicana. O mia madre che con me e mia sorella pulisce delle cozze per la cena di ferragosto, nelle estati di tanto tempo fa quando esisteva ancora la villeggiatura. O mia nonna tirare una sfoglia lunga e sottile per i ravioli in una cucina anni 70 in una delle tante domeniche in cui si andava poco al ristorante, perché la domenica era casa dei nonni. Non c'era nei nostri rullini ,come in quelli di Scianna, un mero zoom estetico sul piatto o nel calice, ma c'era sempre il contesto.

Tutto quello che tagliamo fuori dalle nostre inquadrature è racconto perso. E allora cerchiamo una cornice più ampia per i nostri scatti, proviamo a “zoomare di meno sul piatto” , piuttosto guardiamoci intorno, dietro. E al tempo stesso quando siamo a tavola, in giro, in un mercato, in un campo, in una cantina o nella cucina della mamma facciamoci raccontare da dove arrivano quei sapori, da dove nascono alcune tradizioni o alcuni abbinamenti. Se apriamo l'inquadratura, non perdiamo l'estetica, ma includiamo la bellezza del racconto.

Lo so, adesso vi state chiedendo che tipi di foto scattate.

"Siete anche voi sedotti dal cibo?"

Cosa vi colpisce? Provate a pensarci. Guardate oltre l’immagine, oltre il colore e l'estetica delle composizioni. Che cosa vi racconta un piatto? Ad un occhio attento non sfuggono altri messaggi e significati. Prendete i vostri smartphone, saranno pieni di fotografie di cene, di brindisi e persone. Cosa vedete adesso? Cosa vi raccontano le vostre fotografie?

Andate in giro a fare la spesa di cose buone, andate a cena, preparate dei buoni piatti nell’intimità della vostra cucina, ricevete amici, viaggiate e lasciatevi incuriosire da nuove ricette. Fotografate, potete farlo realmente o con la mente, con gli occhi. Ma senza fretta. Mangiate il cibo con gli occhi. Ogni tanto fermatevi e recuperate quel tempo lento che ci propone Scianna. Ascoltate e cercate cosa c’è dietro. Non è un gioco, può esserlo. È piuttosto un modo per capire che:

"Ovunque, per chi è appassionato di cibo, c’è una storia da raccontare"

E non necessariamente si trova a tavola.