Toscana | ITALIA

Foglia tonda e mucco pisano, straordinari “underdog” di Toscana

Non solo sangiovese e chianina. Nella regione del Granducato è possibile, anzi necessario, andare a (ri)scoprire due eccellenze fin troppo dimenticate

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Foglia tonda e mucco pisano, straordinari “underdog” di Toscana

Non solo sangiovese e chianina. Nella regione del Granducato è possibile, anzi necessario, andare a (ri)scoprire due eccellenze fin troppo dimenticate

Non c’è da preoccuparsi, niente di strano. A (quasi) tutti capita di identificare la Toscana enogastronomica con due dei suoi simboli più riconosciuti: vino sangiovese e carne chianina. Un bicchiere di Chianti o di Brunello, accompagnato ad un bel piatto di bistecca alla fiorentina, rappresentano una sicura fonte di magnetica attrazione per tutti coloro che, al netto di predilezioni vegetariane o vegane, si siedono al desco di una trattoria toscana. Tuttavia, la tradizione del gusto di questa regione ha da sempre espresso tante altre meraviglie enogastronomiche che, ahinoi, rischiano oggi di essere quasi dimenticate o, ancor peggio, cancellate per colpa di una sorta di “sacrificio” delle antiche biodiversità sull’altare delle “certezze” del moderno.

"Il vitigno Foglia Tonda è chiamato così per la forma circolare della sua “fronda”, tanto da farla sembrare una padella"

Parlando ad esempio di vino, il vitigno Foglia Tonda (così chiamato per la forma circolare della sua “fronda”, tanto da farla sembrare una padella) rappresenta un interessantissimo esemplare di uva a bacca nera di antica origine toscana: molto diffuso nella parte meridionale della regione, fu abbandonato circa un secolo fa quando la sua vigoria dava ai poveri contadini dell’epoca tanta (troppa) uva, compromettendone irrimediabilmente la qualità. Nonostante il moderno lavoro in vigna di riduzione dei grappoli, i numeri di oggi parlano chiaro: la sua coltivazione in tutte le province toscane non supera (sic) i 30 ettari. Questa “eroica” parcella di territorio è il frutto di un’attività di recupero cominciata a partire dai primi anni 2000, grazie soprattutto a poche donne viticoltrici che, investendo caparbiamente sulla coltivazione di questo vitigno, ne hanno ricavato vini di ottima fattura.

In tempi nei quali si parla di vino come di un prodotto fatto “in laboratorio” con trucchi da piccolo chimico, l’invito è quello di passare una giornata perdendosi tra i borghi della tanto ”intimistica” quanto poco conosciuta Strada del Vino delle Colline Pisane. E’ proprio qui infatti, e più precisamente a Terricciola, che viene prodotto uno dei più interessanti vini a base di uve Foglia Tonda, l’IGT Murioni di Marina Romin, coraggiosa proprietaria di un’azienda che dal 2019 ha deciso di puntare esclusivamente su uve autoctone toscane. La versione 2021, come tutti i vini realizzati da questo vitigno, si contraddistingue per il fulgido colore rosso scuro; al naso mostra subito una piacevole intensità, sia fruttata che floreale, alternando sentori di piccoli frutti neri di bosco, mora e prugne secche a note di viola appassita. Il palato è pieno, rinfrescante, ma allo stesso tempo corposo. La fitta ma elegante trama tannica ne fa un vino perfetto per l’invecchiamento e per un abbinamento “territoriale” con una pietanza a base di carne di Mucco Pisano.

"Mucco Pisano, un particolare bovino da cui si ottiene una delle migliori carni della regione Toscana fin dagli inizi del 1800"

Sì perché a pochi chilometri da Terricciola, in quel lembo di territorio che dalle verdi colline pisane sfuma nelle rocce delle Alpi Apuane, si trovano ancora oggi gli allevamenti di un’altra eccellenza “perduta” del territorio toscano: il Mucco Pisano, un particolare bovino da cui si ottiene una delle migliori carni della regione fin dagli inizi del 1800. Di taglia media, deriva dall’incrocio di una razza podolica locale con bovini di razza Bruna Alpina svizzera, importati dai Lorena nella seconda metà del 1700. Lo sviluppo di questa razza è stato favorito dalle sue grandi attitudini lavorative e dalla qualità della sua carne ma, se durante gli anni venti del secolo scorso erano presenti nel territorio pisano circa 20 mila capi di bestiame, oggi se ne contano soltanto 260, distribuiti addirittura in 21 diversi allevamenti. Uno di questi appartiene alla Fattoria di Monti, che conta 124 capi di bestiame e nessuna stalla: gli animali infatti vengono fatti pascolare liberamente in terreni che presentano ripari naturali e alimentati con fieno e farine prodotti dalla fattoria stessa. Proprio per le difficoltà a garantire tali condizioni di allevamento, il Mucco Pisano è da anni una razza a rischio: i motivi della crisi in atto risiedono non solo nel superamento della sua funzione “lavorativa” ma anche nella scelta strategica degli allevatori di produrre carne da altre razze (la Maremmana o la Chianina), dal mercato maggiormente consolidato e certamente molto più profittevole.

Gastronomicamente parlando la carne di Mucco Pisano, come per tutte le razze “lavoratrici”, è più dura rispetto alle altre (e in tal senso non fa eccezione nemmeno la pregiata chianina): ma una frollatura condotta sapientemente e per tempi abbastanza lunghi, le donano tenerezza e ampia versatilità in cucina. Per apprezzarla al meglio, si consiglia di assaggiarla cucinata in uno dei tanti piatti della tradizione culinaria locale (ad esempio la tagliata, lo spezzatino ma anche i ravioli ripieni della sua carne) accompagnandola, giova ricordarlo, ad un calice di Foglia Tonda in grado di bilanciarne egregiamente la loro spiccata succulenza.