Sardegna | ITALIA

Il Re delle Bianche Terre

Storie di pirati, di intensi traffici, di terroir unici e di un Re, di antico lignaggio. Deposto, dimenticato ma pronto al ritorno, in trionfo.

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Il Re delle Bianche Terre

Storie di pirati, di intensi traffici, di terroir unici e di un Re, di antico lignaggio. Deposto, dimenticato ma pronto al ritorno, in trionfo.

Ogni volta che si parla di Terralba non si può fare a meno di parlare della sua storia, del suo territorio e del suo vino. Un paese di circa 10 mila abitanti della provincia di Oristano, molto attivo e da sempre dedito all’attività agricola tradizionale e moderna, alla piccola pesca, alla produzione e conservazione dei prodotti locali. Curiosa la sua denominazione di origine latina da “Terra Alba” (bianca) per il colore dei terreni argillosi  e silicei in gran parte di color bianco, derivati dall’azione meccanica dall’erosione dovuta al trasporto del deposito alluvionale del Rio Mogoro. 

L’edificazione di Terralba risale intorno al 1017

quando la sua gente vi si rifugiò a seguito di continue incursioni piratesche nella costa, abbandonando il villaggio Osea (detto anche Orri) voluto nei pressi dello stagno di Marceddì da Ercole Libico nell’anno 364 a.C., accanto allo stagno di San Giovanni.


La cittadina ha avuto sempre dei periodi difficili da superare; dopo le incursioni di pirati saraceni, ha conosciuto la malaria e calamità naturali dovute alle periodiche inondazioni del Rio Mogoro e del Rio Mannu per i quali la deviazione e canalizzazione avvenne nei primi anni del 900, a cui fecero seguito le bonifiche. Una popolazione provata ma tenace, sempre pronta a reagire ed affermarsi nel settore ortofrutticolo, vitivinicolo, nell’attività piscatoria, artigianale, nel terziario fino ai nostri tempi.

La storia del “Re Bovale di Spagna”  inizia durante la dominazione del Regno d’Aragona in Sardegna (avvenuta dal 1324 al 1479). In quel periodo iniziarono i traffici commerciali tra la Sardegna e la Spagna, naturalmente la piana di Terralba con la pianura del Campidano era una zona estremamente fertile vocata naturalmente alle coltivazioni di cereali, vigneti e frutteti.

Tra i vitigni Il Bovale, nelle sue due declinazioni, diverse ma con nomi simili; Bovale Sardo o Bovaleddu autoctono, e il Bovale mannu o di Spagna (probabile origine) dovuto al periodo Aragonese (ma non possiamo ancora affermarlo con certezza) furono molto diffusi anche per incrementare i traffici commerciali a mare da e per la Spagna. A protezione dei suddetti traffici il Re D’Aragona nel 1583 dopo l’istituzione della Reale Amministrazione delle Torri fece costruire le caratteristiche 

torri costiere per l’avvistamento e la difesa dalle incursioni piratesche del Barbarossa

 (il condottiero turco - ottomano Khayr-al Din) di Turgut (Dragutte) e dei mori.

Vera testimone del territorio del periodo Aragonese , risulta  la Torre Vecchia eretta  nei pressi  della laguna di  Marceddì ( località che prese il nome dal Comandante romano Claudio Marcellino che in tale  posto sconfisse i vandali nel 478 d.c.), In questo villaggio di pescatori, esistono scavi di un laboratorio per la lavorazione dell’ossidiana  già del neolitico (VI millennio A.C:),  situato  nella parte sud ovest del golfo di Oristano. Marceddì venne dotata un di pontile per l’attracco dei velieri e posizionata per motivi logistici e di controllo dirimpetto alla Torre Nuova nel costone del Capo Frasca.

Particolare importante risulta che i vigneti del Bovale di Spagna sono tuttora coltivati ad alberello sia nelle campagne della Catalogna che in Sardegna e i ceppi, i pampini, gli stessi grappoli presentano le stesse caratteristiche  di forma conica e compatti con acini ravvicinati e succosi. Per tale constatazione spesso ci si chiede: i cloni arrivano dalla Sardegna o è la Sardegna che ha ottenuto gli stessi durante la dominazione spagnola?


Per quanto riguarda il “terroir” del Bovale di Terralba dopo la bonifica delle paludi avvenuta nel 1936 per cui il comune di Terralba cedette al comune di Arborea circa 10 mila ettari , le coltivazioni del bovale si estesero  nei terreni sabbiosi o di medio impasto argilloso nelle varie località attorno al paese e nelle località (Carreras) dei paesi viciniori di Marrubiu, Uras, San Nicolò Arcidano, Mogoro, successivamente coltivato e utilizzato per vari tagli per i blend di ottimo vino anche all’estero e in altre località della Sardegna. Il Bovale per la sua produzione generosa e per la sua qualità trovò quindi un ampio sviluppo nel terralbese tant'è che nel 1948 alcuni i vignaioli costituivano come soci fondatori 

la Cantina Sociale di Terralba con il simbolo TORRE e VELIERO

(il veliero come mezzo di trasporto a mare nel golfo e la torre per la sua protezione), rappresentati, questi simboli,anche nel gonfalone del Comune.


La stessa cantina negli anni a seguire divenne un centro raccolta delle uve locali e dei paesi vicini, considerando comunque assieme al Bovale sardo e Bovale di spagna anche le raccolte di altre uve rosse locali di Monica, Pascale, Gregu Nieddu, Niedda Perda Serra.. ecc. e uve bianche caratterizzate dal Nuragus, Semidano, Vermentino, Arramungiau biancu, moscato, nasco e altri.


Il prodotto così qualitativo e originale destava, come detto, l’interesse anche del commercio estero, nota l’importazione di grandi quantità del vino bovale, perché ricco di tannino, da parte della Francia per tagliare i propri vini per renderli più corposi, più colorati, più a tenore alcolico.

La sua storia venne sospesa negli anni ottanta quando a seguito di alcune direttive Europee per regolazione delle quote produttive, si scelse l’espianto a seguito di contribuzione. Per fortuna alcuni vignaioli hanno continuato imperterriti la loro strada coraggiosa nel coltivarlo e nel valorizzarlo per quello che merita nei migliori mercati e fiere, ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti. Nel 1976 viene riconosciuto vino DOC Bovale del Campidano di Terralba e Terralba DOC e  successivamente inserito nel circuito delle Città del Vino. Nel Luglio 2016 a Terralba venne organizzato il primo Convegno sul Bovale con vari esperti di Associazioni enogastronomiche e con la partecipazione delle cantine locali.


Per quanto riguarda le sue caratteristiche organolettiche il Bovale presenta alla vista nel calice un colore rosso rubino intenso. All’olfatto

profumi di frutti rossi, di more selvatiche, di gelso e di spezie

varie, mentre all’esame gustativo è il tannino che personalizza questo vino, comunque armonico ed equilibrato, sincero, generoso, caldo, che può andare da solo in purezza e solidale nelle esperienze con gli altri vini, perché semplicemente autentico, solidale ed identitario. Quindi un vitigno solare, perché si gode tutto il sole dell’estate fino agli albori dell’autunno, quando viene vendemmiato (dalla terza domenica di Settembre in poi). 

Il suo mosto già ai primi giorni della nascita si presenta intenso e dolce con grado zuccherino intorno ai 20 gradi e mediamente raggiunge i 13 gradi e mezzo, quindi un vino corposo e ben strutturato. A differenza di altri vini nobili e rinomati il Bovale ha le sue caratteristiche tipiche, dovute forse come detto al giusto contenuto di tannino nella buccia dei suoi acini, che a volte è abbastanza pronunciato al sapore, ma si abbina, oltre che alle pietanze ben cucinate e marcate da sapori intensi a base di carni rosse e selvaggina, soprattutto agli arrosti di pesce.


In fondo il terralbese doc è da sempre dedito a coccolare il suo Re nei suoi vigneti nelle sue cantine piccole o grandi che siano, a onorarlo nei suoi incontri conviviali in casa o fuori cortile, perché la sua tradizione, nella sua radice è quella di essere grande vignaiolo, coltivatore, esperto pescatore nella sua valle da pesca e nel suo villaggio di Marceddì.  Lui infatti da sempre lo serve in abbinamento agli arrosti di anguille, di muggini, di orate e spigole, presentandolo con orgoglio e fierezza come si compete a un vero Re.