Sardegna | ITALIA

Il vino dei Giganti

Una tradizione millenaria, un vino che sfida il passare del tempo senza cambiare la propria identità gustativa. La Vernaccia di Oristano, anima antica e complessità da fuoriclasse.

Sardegna | ITALIA

Il vino dei Giganti

Una tradizione millenaria, un vino che sfida il passare del tempo senza cambiare la propria identità gustativa. La Vernaccia di Oristano, anima antica e complessità da fuoriclasse.

La città di Oristano si trova nella Sardegna centro-occidentale, nella parte settentrionale della pianura del Campidano, di fronte all’omonimo golfo presso la foce del fiume Tirso. Ha una storia di origine altomedievale che merita di essere approfondita, fino a culminare nel periodo di maggior splendore con il periodo in cui fu capitale del Giudicato di Arborea. Il territorio circostante fu abitato da numerosi popoli fin dal periodo nuragico e prenuragico che trovarono in questa valle le condizioni ideali per l’agricoltura.

Nel sito nuragico “Sa Osa”, tra i comuni di Cabras e Oristano, sono stati rinvenuti vinaccioli

Perfettamente conservati risalenti a circa 3000/3500 anni fa di varietà presumibilmente a bacca bianca (similari alla Vernaccia di Oristano e alla Malvasia di Bosa), il che confermerebbe che la coltivazione della vite sia precedente al periodo fenicio.

La più accreditata e fondata teoria sull’origine del nome è quella che collega il termine “vernaculum” o “vernacula” che significa locale, tipico del luogo, nome che i Romani utilizzavano quando individuavano una nuova tipologia di vite, a cui in seguito venne aggiunto il nome della località o della zona. Questo è il motivo per cui in Italia sono presenti diversi tipi di Vernaccia, che non hanno tra loro nessun legame genetico. Attualmente le più conosciute sono 3, due a bacca bianca, quella di Oristano e di San Gimignano, e una a bacca rossa, di Serrapetrona.

La Vernaccia veniva e viene tuttora coltivata nella bassa Valle del Tirso e nel Sinis, vicino al mare

Territori differenti con terreni differenti, quelli principali sono due, uno ricco di sostanza e più fertile: il cosiddetto “Bennaxi”, che è il terreno più recente vicino al fiume Tirso e il terreno più antico, il “Gregori”. Ci sono anche differenti tipologie di terreno, calcareo o basaltico, nella zona più alta del Sinis chiamata “Su Pranu”, con cui erano costruiti i Nuraghi.

Una importanza fondamentale nella storia di questo vitigno lo si deve alla famiglia Contini, che grazie all’intuizione di Salvatore Contini decise di trasformare una produzione familiare in un’azienda vitivinicola, fondando nel lontano 1898 la prima e più antica cantina dell’Isola, la Cantina Contini con sede a Cabras. Il figlio di Salvatore, Attilio, prese le redini dell’azienda sin dai primi anni ‘30 e fece la scelta di valorizzare principalmente le due varietà di vite strettamente locali: la Vernaccia di Oristano e la Nieddera della Valle del Tirso. Anche alcune varietà minori vennero tenute, anche quelle che, come il Caddiu, varietà a bacca rossa, è ad oggi quasi estinta. Attilio fa crescere l’azienda in un periodo storico in cui il consumo pro-capite del vino era piuttosto elevato. Dalla metà del secolo scorso la Vernaccia è cresciuta sia a livello produttivo che di vendita, si vendeva in tutta l’Isola, ed è diventato un prodotto esportabile, in particolare la versione invecchiata. La crescita è stata talmente importante fino a diventare il primo vino insignito in Sardegna della DOC nel 1971.

La lunga maturazione sulla pianta permette alle uve di raggiungere un elevato grado zuccherino e la vendemmia avviene a fine settembre - primi di ottobre rigorosamente a mano, in vigneti con bassa resa e bassa produzione, condizioni che consentono di ottenere un vino con alcool naturale di almeno 15%. La vinificazione avviene in bianco con pressatura soffice e fermentazione a temperatura controllata, poi lasciato decantare, filtrato e chiarificato ma non viene completamente pulito perché deve avere delle componenti utili alla vita dei lieviti. A questo punto verso fine inverno, inizio primavera si vuotano le vecchie botti di Vernaccia e si lascia una piccola quantità, circa il 2-3%, in modo da mantenere in botte parte dei lieviti Flor. Dopo il travaso i lieviti trovano nuovo substrato su cui lavorare, perché il loro obiettivo non è fare la Vernaccia ma vivere. Hanno bisogno di tempo per adattarsi e dopo qualche mese hanno già colonizzato il nuovo vino e iniziano a spostarsi in superficie, in modo da proteggersi dall’alcool elevato del vino. Nel corso degli anni i lieviti producono una serie di componenti non presenti inizialmente nel vino, che nel frattempo perde circa il 3% di volume anche a causa dell’ambiente, delle dimensioni delle botti e la parte acquosa che lascia lo spazio gradualmente all’alcool, fino a raggiungere valori superiori ai 17%. In questa fase i lieviti vanno a morire e il vino entra in una fase di affinamento puramente ossidativo, protetto da un tenore alcolico importante.

L’invecchiamento della Vernaccia avviene in condizioni ossidative

Cioè in presenza di aria, che dal punto di vista enologico è una grande anomalia ed una condizione di pericolo per il vino. Le botti non vengono colmate col vino, lasciando una parte consistente della superficie del vino esposta all’aria. La Vernaccia sta così a riposare per anni, nel microclima della Valle del Tirso: un mix di vento maestrale, umidità e salinità degli stagni qui presenti. Viene a formarsi un vino che anche a 40/50 anni dal punto di vista organolettico è perfetto, anzi acquisisce delle caratteristiche di grandissimo pregio, tra tutte una grande complessità gustativa. Il Disciplinare parla di diverse tipologie di Vernaccia, DOC, Riserva, Superiore, e anche la versione liquorosa fortificata, ma quest’ultima attualmente non viene prodotta. Più il vino invecchia, più diventa più importante e complesso, ma nel contempo perde parte della freschezza e bevibilità che aveva inizialmente, acquisendo caratteri da grande vino da dessert e meditazione. La Vernaccia con un invecchiamento non eccessivo mantiene una certa freschezza e un alcool non troppo elevato tra i 15% e i 15,5%vol, con una maggiore bevibilità e allo stesso tempo è più facile da abbinare.

La capacità produttiva attuale del vigneto è di 300 ha, mentre negli anni ‘70 era di 2500-3000 ha. Negli anni ‘80 ci fu il crollo della Vernaccia, dovuto a una serie di fattori: cambio di stile nei consumi, immissione sul mercato di numerosi prodotti alternativi, crescita del Vermentino, politica contributiva a favore degli espianti ecc; ciò ha fatto sì che nell’arco di 10-15 anni si è perso circa l’80% della produzione. Come ci racconta Mauro Contini, uno dei titolari dell’omonima cantina insieme al cugino Alessandro, e Presidente del Consorzio di Tutela e Valorizzazione del Vino Vernaccia di Oristano DOC

La salvezza della Vernaccia è stato l’attaccamento delle aziende a questo prodotto

Che con grandi difficoltà sono andate avanti acquisendo maggiore consapevolezza del valore del prodotto, ma il lavoro da fare è ancora tantissimo. Il vino Vernaccia è un vino complicato, se prima era un vino di massa, di consumo prevalentemente locale, ora non può più esserlo perché il gusto è cambiato e bisogna puntare ai mercati a livello nazionale e internazionale. Viene già molto apprezzato nel Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Giappone.

Il Consorzio è nato dalla consapevolezza che un vino importante come la Vernaccia non può essere portato avanti solamente dalle singole aziende, ma va supportato da un organismo super partes che coordini l’attività comunicativa e di promozione, oltreché vigilare sul corretto utilizzo del nome e sulle pratiche di lavoro. Di recente le aziende della zona di produzione hanno iniziato a dialogare

Alla costituzione dell’Ecomuseo della Vernaccia

Che si trova a Tramatza ed hanno trovato la spinta per la nascita del Consorzio, che mira a controllare e autocontrollarsi nello spirito di valorizzazione di un territorio e di un vitigno millenario che merita di essere conosciuto e soprattutto degustato.