Sardegna | ITALIA

Un vitigno Rosso Fuoco

Nella terra arida e sabbiosa del Sulcis si fa un vino rosso come il sangue e forte come il fuoco, sotto lo sguardo silenzioso del fantasma del conte Ugolino: il Carignano.

Sardegna | ITALIA

Un vitigno Rosso Fuoco

Nella terra arida e sabbiosa del Sulcis si fa un vino rosso come il sangue e forte come il fuoco, sotto lo sguardo silenzioso del fantasma del conte Ugolino: il Carignano.

Nelle aride e sabbiose colline che fanno da preludio al bellissimo mare del Sulcis si coltiva un vitigno particolare che, refrattario al caldo e al vento, abituato alla siccità e al suolo sabbioso, resiste anche all’evolversi del gusto nel trascorrere del tempo. Il Carignano, di probabili origini spagnole, viene considerato un vitigno autoctono della Sardegna, dove si è adattato bene al clima. Dapprima usata come uva comprimaria dagli enologi sardi, ha guadagnato il suo spazio fino ad essere vinificata in purezza. Di carattere schietto e dall’importante contributo alcolico,

il Carignano viene coltivato per lo più a piede franco

su suoli sabbiosi, per lo più in terreni a breve o brevissima distanza dal mare. La sapidità non manca tra le sue caratteristiche ma non è la componente più identitaria in questo vino. Notevoli sono i risultati che si ottengono dalle sperimentazioni sulla sua spumantizzazione.

Coltivato un po’ in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, il Carignano viene chiamato in maniera non così diversa: è il Carignan in Francia, la Cariñena in Spagna.

Mentre il turismo estivo è attratto dal refrigerio del bel mare di Scivu, la Caletta, Tuerredda, nella vigna il Carignano, coltivato prevalentemente ad alberello, prosegue nella sua maturazione sotto il vigile occhio del vignaiolo. Una delle realtà che ha attirato la mia attenzione è la cantina Giba: fondata da tre soci, giovani e dinamici, ma non di prima esperienza, ha diretto subito la sua produzione alla valorizzazione del territorio del sud-Sardegna con il vitigno principe, il Carignano.

Per andarli a trovare e poter degustare quelle bottiglie, ancora poco diffuse, si possono percorrere due strade da Cagliari. La prima strada passa per il litorale, un lungo susseguirsi di spiagge e calette in uno scenario mozzafiato: la bellezza inonda i nostri occhi, il nostro desiderio è quello di fermarci, fare un tuffo, giocare con i piedi nudi su quelle sabbie bianchissime e finissime. La seconda strada passa per l’entroterra: poco traffico, una lunga strada polverosa, pochissimi insediamenti, la presenza della città fantasma di Tratalias, poche indicazioni stradali, sole a picco. 

A Siliqua il castello del conte Ugolino 

domina la pianura a ricordarci che queste terre sono state abitate lungamente, nonostante le difficoltà di coltivazione. In questa scelta c’è una dichiarazione di appartenenza: chi sceglierà la prima, tortuosa, marittima, dagli ampi scorci sulle spiagge (e magari qualche sosta rinfrescante) o chi sceglierà la seconda, poco frequentata, con poche indicazioni stradali, polvere, silenzio. Una scelta di campo, che racconta chi siamo. Scelgo la strada che passa dall’entroterra e mi immergo nella assolata campagna. Dopo poche curve dal castello del conte Ugolino mi trovo improvvisamente immersa in un incendio: le fiamme, il fumo, avvolgono la carreggiata. Proprio come l’ambientazione in cui Dante ci presenta il conte: il trentatreesimo canto dell’inferno. Riconosco sopra di me il rombo tipico del rotore di un elicottero e faccio appena in tempo a raggiungere un tratto stradale al sicuro prima che le fiamme avvolgano la carreggiata e che l’elicottero le inondi con una cascata d’acqua. 

Raggiungo la cantina con degli amici, per conoscere e degustare i vini. Solo due i vitigni coltivati, il Carignano e il Vermentino. La raccolta delle uve, fatta a mano e la scelta dei grappoli in vigna dicono molto della cura che viene riposta nella lavorazione di questo vino che strizza l’occhio ai Carignan del resto d’Europa, senza dimenticare il “terroir” del luogo. Giba, il nome del vino rispecchia il nome del luogo dove sorge la cantina. Il loro vino d’eccellenza è senza dubbio il “6 mura rosso”, un Carignano riserva pluripremiato.

Qui le viti centenarie ci trasmettono eleganza e struttura

 e un fresco sentore fruttato, di susina, di fragole e di macchia mediterranea che rende irresistibile la bevuta. L’enologo Andrés García Blas ci racconta di quanto sia difficile la vinificazione del Carignano: una sfida di equilibri per ottenere la massima espressione del territorio da questo vitigno, forte e fragile allo stesso tempo.

Ed è immediato pensare ad un abbinamento con un piatto della tradizione: i malloreddus alla campidanese sembrano essere i compagni d’eccellenza per questo vino che non disdegna nemmeno  di accompagnare una bistecca di carne di cavallo ai ferri o un tonno alla carlofortina. Ma se il sei mura ha soddisfatto le nostre aspettative, il Sei + è una vera scoperta. Un vino eccezionale per intensità e profumi, ben solido al palato e dalla lunghissima e setosa trama tannica. Solo poco più di cento bottiglie per pochi fortunati.

Del “6 mura rosè” si possono dire tante cose: la prima è che è uno spumante metodo classico e che vengono utilizzate solo uve carignano. Il profilo gustativo di questo spumante è molto interessante, i piccoli frutti rossi, il pompelmo rosa, la sapidità e l’austerità che si percepisce al palato lo rendono un vino adatto a molteplici usi. Un fresco aperitivo estivo a bordo barca, un accompagnamento per un importante evento, un piatto di pesce da antipasto, piccole tapas di pesce o di verdure, oppure moscardini alla cagliaritana, Panada di anguille, le Pratzidas di verdure sono alcuni degli esempi di possibili abbinamenti. Ed è subito tradizione, innovazione, territorio, cura. A due passi dal mare e dalle spensierate vacanze in spiaggia. O da una passeggiata nella città fantasma di Tratalias, con una puntatina al castello di Siliqua, appartenente a quel conte della Gherardesca di cui scrisse Dante nella sua “Divina Commedia”. Possibilmente, senza passare per un incendio.