In un mondo che evolve molto velocemente si corre il rischio di perdere qualcosa di importante. E’ necessario fermarsi, guardarsi indietro, comprendere per poter poi ripartire con ancora più entusiasmo. Anche il mondo del vino che è sempre in fermento per le innovazioni tecnologiche, per il cambiamento globale del clima, per la pressione dei mercati e per l'influenza della moda vive questa dinamica. Il vino è il prodotto che ci riporta alla terra, è il prodotto che nei nostri desideri deve essere così evocativo da rappresentare il territorio a cui appartiene quasi come se ne fosse una cartolina.
In tutta questa complessa rete c'è chi guarda al passato con occhi nuovi, immaginando e scommettendo su un futuro diverso.
C’è chi crede convintamente nel potenziale di quei vitigni quasi scomparsi
che sono un vero e proprio patrimonio storico-culturale delle nostre terre, troppo spesso dimenticati e che avremmo potuto conoscere solo attraverso i racconti dei nostri nonni.
La Puglia sta dimostrando una grande sensibilità su questo tema e uno dei vitigni riscoperti e valorizzati è il susumaniello. Il significato del nome si riconduce ad una forma dialettale che sta a significare sopra (susu) il somarello, anche se c'è un' altra forma dialettale "car'c a ciucc" che vuol dire caricarsi (appunto) come un somaro per la sua vigoria e la grande quantità di frutti prodotti.
Storicamente viene ampiamente descritto come largamente coltivato (sono circa 900 gli ha vitati nel 1970) ma utilizzato solo come vino da taglio soprattutto per la capacità colorante e l'acidità che lo rendeva perfetto comprimario di vitigni di maggior pregio come il Negramaro.
Il susumaniello ha rischiato la scomparsa
Perché l’abbondante produzione si ha solo fino ai 15 anni delle vite e questo ha portato a una graduale ed inesorabile diminuzione degli ettari vitati che venivano man mano sostituiti dallo stesso vitigno o da varietà più produttive e costanti.
Come in tutte le migliori storie di riscatto il susumaniello viene preso a cuore da alcuni produttori. Dei veri pionieri che, soffermandosi ad osservare le caratteristiche dopo i 15 anni di vita delle piante ne hanno scritto una storia nuova. Il susumaniello, infatti, dopo i 15 anni riduce drasticamente le rese, amplificando la potenzialità di avere rossi di grande qualità. Negli ultimi 20 anni, accanto a questa caratteristica ha mostrato anche tutta la sua duttilità, perché in giovane età si dimostra versatile e ha un ottimo esito se vinificato in rosato. Il rosato infatti ha una spiccata freschezza e nella versione spumantizzata, sempre in rosa, aggiunge alla freschezza le complessità olfattive che lo rendono molto interessante. Il Susumaniello con Il tempo ci dona anche rossi di pregevole fattura soprattutto quando
Le uve vengono fatte surmaturare in pianta
In questo modo il vitigno sarà valorizzato dalle caratteristiche dei terreni sottostanti che sono per lo più sabbiosi e calcarei.
Il “riscatto” del susumaniello comincia nel 1997 quando Pietro Giorgiani, presidente di Cantine Santa Barbara a San Pietro Vernotico decide di recuperare tre filari da una vecchia vigna iniziando la propagazione e mettendo a punto la lavorazione fino ad arrivare, nel 2002, alla presentazione sul mercato del “Sumanero”, realizzato col 60% di susumaniello, il 20% di malvasia nera e il 20% di negramaro, dove per la prima volta nel blend risulta protagonista e non comprimario.
Nel 1998 Gregory Perrucci, di Accademia dei Racemi, dopo aver acquistato una tenuta nel brindisino che comprendeva anche una vigna di susumaniello ad alberello di circa 70 anni decide di ricavarne le marze per poi condurre un nuovo vigneto da cui nel 2021 nasce la prima etichetta di susumaniello in purezza, il “Sum”:
Un rosso strutturato e destinato ad un lungo invecchiamento
L’annata 2017 di questo vino, ora in commercio, ci fa apprezzare un vino dotato di un carattere deciso dove la sensazione legata ad un frutto scuro è bilanciata dall’acidità dello stesso, il che rende il sorso lungo e dinamico. Dopo questi primi passi diversi sono i protagonisti che stanno valorizzando questo vitigno all’interno del panorama pugliese espandendo gradualmente gli ettari vitati. Il mio consiglio è quello di provarlo con gli ’’gnummareddi’’, piatto tipico pugliese composto da interiora di agnello che vengono avvolte nel budello e cotte principalmente sul fornello.
Quella del susumaniello è una storia di trasformazione che è appena agli inizi e noi siamo qui pronti per viverla.