Toscana | ITALIA

Il vitigno di Biancaneve

Dalla valorizzazione di un vitigno autoctono la lettura di un territorio in chiave contemporanea: il rosa graffia e indossa i tacchi a spillo

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Il vitigno di Biancaneve

Dalla valorizzazione di un vitigno autoctono la lettura di un territorio in chiave contemporanea: il rosa graffia e indossa i tacchi a spillo

Conosco Andrea e Mauro ormai da diversi anni. Ci incontriamo spesso alle fiere del vino in giro per la Toscana ed ogni volta al loro banco ritrovo la loro genuinità e la freschezza nel calice e nello spirito. In una piacevole domenica soleggiata di Maggio decido finalmente di andarli a trovare. Da Prato, scendo dalle colline del Carmignano ed arrivo a destinazione, a Limite e Capraia. Mi apre Mauro, appena di ritorno dal lavoro in vigna e, varcato il cancello, mi ritrovo in una casa rurale di una volta; di quelle che non si vedono più, ma che ho ben impresse nella mia memoria malinconica di bambina.

Podere la Botta è una realtà che si tramanda da generazioni, come ci racconta Andrea, tutto nasce nel lontano 1886 a Limite sull’Arno ai piedi del Montalbano, dove fu costruito il primo tino in pietra serena ancora in uso per la produzione dei loro vini. Come ci conferma anche Mauro, “Podere la Botta nasce semplicemente da un sogno, quello di nonno Martino, poi di babbo Beppe e dalla tradizione della famiglia Bartolini. Dal lavorare la terra, da semplici contadini, per noi è stato naturale continuare questo percorso, con uno sguardo più moderno”.

All’ingresso della cantina c’è ancora il vecchio forno del 1800

Che Andrea usa tutt’oggi per fare il pane il sabato mattina e che ho avuto la fortuna di assaggiare: un qualcosa di eccezionale! Di una genuinità che mi rimanda con la mente alle merende estive a casa della nonna con il pomodoro "strusciato” sopra. La cantina è divisa in due piccoli spazi, ma tenuti magistralmente: massima pulizia, ordine, tutto estremamente preciso e controllato e da questo si può capire come sia nato un’orange così fine e preciso nei profumi e nel gusto come il loro Crono62, trebbiano in purezza. Nessuna filtrazione, ma costantemente ossigenato a mano con rimontaggi mattina e sera, lasciato poi depositare ed imbottigliato a Marzo.

Continuiamo la nostra visita addentrandoci poi tra le vigne, mentre Andrea ci presenta passo passo i suoi vitigni, spiegandoci le lavorazioni in corso ed anche le difficoltà riscontrate con ogni singola varietà. La coltivazione in alcuni punti della tenuta è ancora come da antica tradizione contadina, dove i filari delle viti si alternano ad ulivi ed alberi da frutto, 

Retaggio di un tempo in cui ogni centimetro quadrato di terra era prezioso

E doveva essere sfruttato al massimo. Si lavora ancora tutto come una volta, anche nelle parti più nuove della vigna: duro e faticoso lavoro manuale, con il solo ausilio del trattore e - proprio per questo sforzo umano - si segue al massimo l’espressione naturale delle colline; si ascolta la terra, la si interpreta e la si rispetta per creare un connubio unico tra uomo e natura. Vi è un’intensa energia, che si avverte sprofondando i piedi nel terreno di queste vigne, immerse nel verde della campagna toscana.

Al ritorno in fattoria ci sediamo al tavolo nell’aia del podere e finalmente rendiamo protagonisti i loro vini. Oltre alla produzione del Chianti DOCG, questi ragazzi hanno saputo valorizzare e reinterpretare la tradizione, impiegando vitigni autoctoni per la produzione di nuovi vini con una chiave di lettura moderna, più vivace e fresca, assolutamente da Generazione Z.

Come il Mammolo, presente da sempre nella nostra Toscana

(già nel 1600 il botanico Micheli nel suo “Istoria delle viti” ne aveva già individuati vari biotipi nella zona) ed arrivato fino alla Corsica, dove - noto come Sciaccarello - è stato riconosciuto anche dai francesi avere origini italiane ed affinità con il nostro vitigno. Un vitigno che per tradizione si considera come complementare del Sangiovese, e - proprio perché poco produttivo e di scarso apporto polifenolico - quasi mai vinificato in purezza e tralasciato a favore di altre varietà locali più costanti e di maggiore carica antocianica, quali il colorino.

“L’Ottavo Nano”, mammolo in purezza qui viene esaltato in una nuova veste elegante e moderna in versione rosata. Un gioco di parole ed associazione di idee che, proprio partendo da “Mammolo” (nome di questo vitigno autoctono, ma anche di uno dei sette nani di Biancaneve), li ha ispirati a definirlo “L’Ottavo Nano”: un qualcosa di nuovo, raccontato in una veste assolutamente originale. Mauro ama definire il suo L’Ottavo Nano” come “una bella donna, che al naso si presenta ancora giovane, fresca e delicata, ma che al sorso diventa una donna più sicura e matura in tacchi a spillo e rossetto rosso”.

Una bella donna, giovane, fresca e delicata, ma che diventa una donna più sicura in tacchi a spillo e rossetto rosso

Degustando questo rosato in effetti la descrizione è davvero azzeccata! Se al calice si presenta in un colore salmone vibrante ed al naso presenta un elegante carattere tipicamente provenzale in note floreali fresche dalla viola mammola fino alla lavanda, erbe aromatiche e piccoli frutti rossi (fragoline di bosco in primis), al sorso è tutta un’altra storia! Il frutto si scurisce, fino ad una ciliegia matura; diventa materico e strutturato, si ha anche una sensazione di forte calore - quanto invece il grado alcolico è di 12 gradi - ma il residuo zuccherino e la struttura ne fanno avvertire tutta la matericità. 

Ecco i tacchi a spillo ed il rossetto rosso di questa bella donna! E sono certa che - se sorseggiato bendati - difficilmente lo potreste identificare all’assaggio con un rosato, ma bensì con un rosso giovane. Un dualismo, che diverte ed emoziona; un vino nuovo che sposerei bene anche con un moderno sushi, ma perché no? anche come semplice accompagnamento a due chiacchiere con un’amica.

il Crono62 è Indie Rock, l’Ottavo Nano è sicuramente più Pop

Non sono solita personalmente associare un vino ad un carattere femminile e/o maschile, ma preferisco interpretarlo (indubbiamente anche per deformazione professionale, lavorando da sempre nella musica) sotto forma di sound, forse proprio per la mia ricerca nel calice sempre di vibrazioni e nuove emozioni. Per me il Crono62 è decisamente Indie Rock, come l’Ottavo Nano è sicuramente più Pop, ma entrambi suonano decisamente bene!

Sono certa che il vino sia figlio del suo tempo e ci sappia quindi raccontare il passato, interpretare il presente e già essere proiettato al futuro. Mauro ed Andrea hanno saputo ascoltare con umiltà la propria terra ed i propri vini, sapendo dar loro una nuova veste più moderna, ma senza stravolgerne l’anima, nel pieno rispetto delle radici. Ricordati sempre chi sei e da dove vieni e non sarai mai povero nella tua vita. Come in questo intero giorno al Podere La Botta, in cui non ho mai preso il cellulare in mano; dove mi sono dimenticata delle mail di lavoro, dei social e non ne sentivo la minima necessità.